DSC_0291Ricca ed interessante è la storia del nostro comune, le sue radici affondano nei meandri millenari delle vicende dell’antica città di Atella, di cui Sant’Arpino è la più diretta continuità spaziale e temporale. Atella rimane famosa nel mondo letterario per essere stata la culla del teatro italiano, è qua difatti che hanno luogo per la prima volta brevi ed improvvisate azioni sceniche di natura comico – satirica, dette Fabulae Atellane. In esse apparivano dei personaggi fissi che recitavano con delle maschere sul viso, rappresentando Pappus (vecchio scemo), Buccus (chiacchierone), Dossenus (gobbo astuto), Maccus (ghiottone), a detta di molti studiosi proprio quest’ultimo sembra presentare le caratteristiche del progenitore Pulcinellla.

Le Fabulae Atellane con il Teatro romano di Plauto, prima, ed attraverso le commedie rinascimentali, poi, si sono tramandate fino a noi con la Commedia dell’Arte. Atella venne fondata intorno al V secolo a.C. dagli Osci, antico popolo campano. Per la sua posizione geografica, la città fu punto di incontro di più civiltà fra cui quella greca e quella etrusca.
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Etruschi, Greci e Sanniti segnarono non solo la storia civile e militare, ma anche l’impianto urbanistico di Atella. Città autonoma per molti anni, Atella coniò anche proprie monete. Entrò poi a far parte della federazione capuano – campana che raggruppava dodici città della Campania, unite per difendersi dalla potenza militare romana. Dopo la seconda guerra sannitica nel 313 a.C. Atella come altre città campane venne assoggettata  dai Romani.

Con l’arrivo dei Cartaginesi in Italia, dopo la battaglia di Canne del 216 a.C. Atella insieme a Capua si alleò con i Cartaginesi di Annibale per tentare di liberarsi dall’oppressione romana e riconquistare la sua antica autonomia.

Dopo la sconfitta di Annibale e la cacciata dei Cartaginesi dall’Italia, Atella venne ridotta alla condizione di “Prefettura” ed ogni anno riceveva quattro prefetti da Roma. Durante le guerre sociali rimasta fedele a Roma, Atella ottenne la cittadinanza romana e fu elevata alla dignità di “Municipium”.

E’ in questo periodo che la città raggiunge il massimo dello splendore, vengono ricostruiti ed ampliati il foro e le terme. Nel 29 a. C.  rimase ad Atella per diversi giorni l’imperatore Ottaviano Augusto che ritornava dalla battaglia di Azio ove aveva sconfitto Antonio e Cleopatra. Nella sua sosta ad Atella l’imperatore s’incontrò con il grande poeta Virgilio il quale lesse ad Ottaviano Augusto per la prima volta le Georgiche alternandosi nella lettura con Mecenate. Il Municipium Atellano possedeva anche un “ager vectigalis” nella Gallia Cisalpina, le rendite provenienti da questo possedimento servivano ad arricchire le casse pubbliche così come attesta una lettera di Cicerone.

La città seguì poi le glorie e le disgrazie dell’impero romano. Nel V secolo d.C. divenne sede vescovile grazie all’opera evangelizzatrice del predicatore cristiano Elpidio, conterraneo di S.Agostino. Nel 533 d.C. fu devastata dai Vandali di Genserico, venne poi successivamente conquistata e depredata dagli Ostrogoti. Dal 552 al 568 fu possedimento bizantino fino alla conquista dei Longobardi. Fece quindi parte del Principato dei Longobardi fino al 1058 anno nel quale passò ai Conti normanni di Aversa che portarono nella vicina città tutto ciò che poteva essere trasportato e reimpiegato. Anche la sede vescovile venne trasferita ad Aversa. Il nome del villaggio S.Elpidio (volgarizzato successivamente in Sant’Arpino) compare per la prima volta in un atto di vendita dell’820 d.C. Un manoscritto datato 877 d.C. comprova che la chiesa vescovile di Atella era dedicata a S.Elpidio fin dal IX secolo.

I due nomi di S.Elpidio ed Atella convissero ufficialmente fino all’XI secolo quando sorta Aversa tutto ciò che restava di Atella venne trasferito nel borgo normanno. Successivi documenti normanni confermano che nel 1175 “Villa S.Elpidii” era residenza del barone Gimbuino. Dunque per un lungo lasso di tempo la città madre Atella ormai quasi totalmente abbandonata convive con il villaggio S.Elpidio sua appendice naturale. Il nome attuale S.Arpino (dialettale di S.Elpidio) compare ufficialmente per la prima volta nel 1592 quando il paese diviene feudo ducale del marchese di Grottola d.Alonzo Sanchez de Luna d’Aragona. In questo periodo vengono edificati la nuova chiesa di S.Elpidio, quella attuale, ed il palazzo ducale, residenza del feudatario, che sorge sulle rovine della vecchia chiesa. Il palazzo ducale venne poi restaurato ed ingrandito nel 1798 mentre la chiesa fu arricchita nel 1754 ed ampliata e riportata all’attuale stato nel 1884.

Numerosi sono i personaggi che S.Arpino partorisce nel panorama storico – culturale del Mezzogiorno d’Italia. Fra questi ricordiamo l’avvocato Carlo Magliola (1695 – 1760) difensore di S.Arpino contro le città di Napoli e di Aversa, l’abate Vincenzo De Muro (1757 – 1811) storiografo di Atella, direttore della Nunziatella, segretario della Accademia Pontaniana, Antonio Della Rossa (1748 - ….) direttore di polizia, Ministro di Ferdinando IV di Borbone, Marco De Simone (1713 – 1778) consacrato vescovo da papa Benedetto XIV. Con l’abolizione della feudalità da parte di Gioacchino Murat nel 1810, i Sanchez de Luna d’Aragona persero il loro ducato pur continuando ad abitare a S.Arpino nel loro palazzo fino al 1836. Per successioni ereditarie il palazzo ducale divenne proprietà dei Caracciolo nobile famiglia napoletana che raramente abitò il palazzo stesso. Nel 1903 il palazzo ducale venne acquistato e restaurato dal siciliano Giuseppe Macrì, tenente al seguito dell’esercito garibaldino. Alla sua morte avvenuta nel 1932 il tenente Macrì lasciò il palazzo ducale in eredità al Comune di S.Arpino.

 

Fonte: PRO LOCO SANT’ARPINO




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